Condannato al pagamento del reddito dovuto in attesa della reclusione per non prova di insolvenza · Notizie legali

Silvia León.- Un tribunale di primo grado di Gran Canaria ha condannato gli inquilini di un locale commerciale a pagare 17.000 euro al proprietario dello stesso, per gli affitti già non pagati durante la reclusione decretata dal Governo.

Il giudice ritiene che non sia opportuno ridurre l'affitto da parte degli inquilini, poiché questi non hanno presentato una relazione periodica che accreditasse l'esatto reddito durante la pandemia e prima di essa, quindi è possibile che ci fosse una maggiore solvibilità che porterebbe alla l'eventuale riduzione del reddito era temporanea e non avrebbe prodotto una reale impossibilità di adempimento contrattuale.

Secondo l'avvocato del proprietario dei locali, Sergio Choolani Farray dello studio Miralaw, «si tratta di una delibera rilevante in quanto, nonostante si possa ritenere noto che un locale situato in una zona costiera, la cui attività è focalizzato e rivolto al settore turistico, e che è evidente che ha risentito delle conseguenze del Covid-19, il giudice esclude qualsiasi tipo di modifica dell'affitto, se il corrispondente non presenta una perizia che lo dimostri ».

Risoluzione del contratto

Nel settembre 2020 il locatore e gli inquilini hanno firmato un accordo di risoluzione anticipata, perché gli inquilini non potevano continuare a pagare l'affitto pattuito, oltre al debito che avevano già accumulato dal marzo dello stesso anno.

Dopo la firma del documento e la restituzione delle chiavi, il locatore ha presentato istanza di istanza per l'importo del debito residuo. Importo che corrispondeva al periodo compreso tra marzo e settembre 2020, cioè i mesi interessati dalla reclusione decretata dal Governo impiccante il primo Stato di Allerta.

squilibrio economico

Gli ex inquilini si sono opposti e hanno chiesto la riduzione del 50% del canone maturato in quei mesi, ai sensi della cd clausola rebus sic stantibus.

Si ricorda che tale clausola è una figura dottrinale che consente la revisione dei contratti quando, a causa di imprevisti, si è rotto l'equilibrio economico del contratto e una delle parti ritenga impossibile o gravissimo il rispetto dello stesso.

Tuttavia, sebbene tale norma sia stata riconosciuta dalla giurisprudenza, essa è sempre stata attuata in maniera molto prudente, dato il principio generale che i contratti devono essere adempiuti ex art. 1091 Codice Civile.

Informa l'esperto

In tal senso, il Tribunale respinge la riduzione richiesta dagli ex inquilini, ritenendo che "la cosa ragionevole è che fosse stata fornita una perizia redatta da un economista o un commercialista che giustificasse precisamente le perdite e le conseguenze" della pandemia nell'impresa colpita . . Ed è che, secondo il resoconto dei fatti accertati, gli inquilini hanno riconosciuto che gli incassi nell'impresa sono stati effettuati in contanti, sicché l'unico reddito che si registra è quello che essi stessi rivelano. Per tale motivo, le scritture contabili di entrate e uscite di un conto corrente fornite dagli imputati non sono sufficienti a giustificare che a seguito dell'emergenza coronavirus si siano verificate perdite.

In tal senso, aggiunge la sentenza, la giurisprudenza più recente richiede, in casi analoghi, che la parte che intende modificare le condizioni economiche del contratto debba provare qualitativamente e quantitativamente che la pandemia ha influito sulla trattativa, mediare il contributo di un esperto parere Preparato da un economista che fa un confronto tra reddito, non solo nell'anno della pandemia, ma negli anni precedenti.

Infine, poiché non si conosce l'esatto reddito durante la pandemia, né quelli precedenti, il giudice deduce che è possibile che vi sia stata una maggiore solvibilità che porterebbe l'eventuale riduzione del reddito ad essere temporanea e non aver prodotto una frustrazione del fermezza del contratto. Per questo stima la pretesa per l'importo eliminato dai proprietari dei locali e condanna gli ex inquilini al pagamento dei 17.000 euro dovuti, oltre alle spese.